Perchè una scuola libera…? (1\2)

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La “Scuola libera Giovanni Paolo II” è nata nel 2016 da un gruppo si insegnanti e di genitori insoddisfatti dal complesso sistema scolastico statale. Negli ultimi decenni infatti, l’Italia è scesa in modo costante nella classifica dei 35 Paesi aderenti all’OCSE, per quanto riguarda il livello d’istruzione. I dati più recenti (dicembre 2016) ci dicono addirittura che siamo ormai nelle retrovie per le competenze dei 15enni in base ai test Programme for international student assessment (Pisa)-Invalsi 2015, scendendo dal 32esimo al 34esimo posto, cioè al penultimo. Questi dati sono confermati dalla percezione reale di chi – dalla cattedra o da genitore – vive quotidianamente la vita delle nostre scuole: precariato diffuso con turn over di insegnanti, burn out di docenti, classi sovraffollate, gestione degli studenti stranieri mai univoca e spesso pressapochista, selezione degli insegnanti inadeguata e priva di criteri stabili. A questi problemi, si è aggiunta negli ultimi tempi la consuetudine di affidare ad uno stesso dirigente scolastico diversi istituti: questo fenomeno è decisamente deleterio, anzitutto perchè ogni singolo insegnante diventa autoreferenziale, non essendo peraltro prevista nessuna seria valutazione del suo operato. Inoltre, il dirigente multi-scuole fa sì, inevitabilmente, che il singolo istituto sia privo di un reale progetto formativo, una sorta di nave senza timoniere. In tutto questo, anche l’alleanza scuola-famiglia rischia spesso di rimanere un bello slogan.

Per questo abbiamo pensato ad una “Scuola parentale”, che nasce quindi da una vera alleanza tra la famiglia e gli attori della scuola. Una scuola che mette davvero l’alunno al centro; una scuola che vuole far appassionare al sapere e al saper fare; una scuola che può scegliere i suoi docenti senza paletti di graduatorie e abilitazioni; una scuola in cui agli insegnanti è richiesta anzitutto passione per i bambini e i ragazzi, passione per la disciplina, passione per trasmetterla; una scuola che segue e valuta l’operato dei docenti, che ne cura la formazione permanente, che tiene alta l’asticella nelle valutazioni, sapendo che se a dei giovani si pone un obiettivo alto e si crede in loro, loro si impegneranno a raggiungerlo. Quindi nelle nostre intenzioni c’è una scuola di qualità, con classi poco numerose, in cui ogni alunno possa essere seguito in modo personalizzato, attività di laboratorio aggiuntive (arte e musica in particolare).

Siamo poi una scuola che – a partire dalla denominazione — apertamente dichiara di fare riferimento ai valori cristiani: il centro quindi è l’alunno in quanto essere umano unico e irripetibile, massima accoglienza e apertura a chiunque, anche appartenenti ad altre religioni e culture, rifiuto delle ideologie di qualunque natura. Come dice Papa Francesco, “una scuola che educa al senso del vero, del bene, del bello”.

Il nostro preside, prof. Carlo Dionedi

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Una lettera dalla maestra…

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Cari genitori,

Sto vivendo l’affascinante esperienza dell’insegnamento dal mese di settembre 2016. Dopo un breve periodo di formazione presso una scuola parentale di S.Ilario D’enza è così iniziata l’avventura alla scuola Giovanni Paolo II! Insegnare è in primo luogo una responsabilità verso me stessa che mi spinge ad una continua e approfondita conoscenza della realtà e in secondo luogo verso i bambini affinchè possano crescere sviluppando l’interesse, la curiosità e soprattutto il desiderio di conoscere la bellezza di tutto ciò che ci circonda. Come ad esempio Insegnare la matematica giocando in palestra o andando a caccia di numeri per le vie della città oppure imparare a leggere e a scrivere a partire da incontri con persone appassionate di ciò che vivono come gli alpini del gruppo di Piacenza.

Per non parlare dell’apprendimento della scienza sperimentando, attraverso piccole attività, i materiali con cui è fatto ciò che ci circonda (miscelando olio, acqua, latte, colorante alimentare e tanto altro…) oppure conoscere la geografia dei luoghi in cui viviamo attraverso la realizzazione di un “libro degli spazi”.

La creatività certo non manca ma l’elemento essenziale che non può mai esaurirsi è la curiosità dei bambini, dei MIEI bambini. Non a caso ogni giorno quando entro in classe e vengo accolta dal sorriso e dall’entusiasmo dei miei alunni, un’immensa gioia mi colma il cuore e così recitando una preghiera iniziamo la nostra bella lezione.

Alla scuola San Giovanni Paolo questo percorso è davvero possibile! In che modo? Strutturando e vivendo il lavoro come piccolo contributo personale alla realizzazione di un progetto più grande anche delle mie capacità e risorse                                                                                         Maestra Rachele

 

Perchè una scuola libera (2\2)

 

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“Una scuola è come una barca, che si avvia verso una rotta con un capitano (il dirigente), un equipaggio (i professori), una rotta (un metodo educativo!) e un luogo da raggiungere e un lavoro da svolgere (educare, cioè fare degli uomini e delle donne!). Poi ha una parte speciale dell’equipaggio: dei piccoli uomini che vogliono diventare grandi! E stanno lì solo per questo! Nel gergo marinaro potremmo chiamarli i mozzi, quelli che stanno lì per imparare a navigare come gli uomini che hanno davanti, e soprattutto vogliono sapere per dove!

Ma oggi questa barca (la scuola) ha qualche problema: il capitano non può scegliere l’equipaggio, non lo può fare; non può scegliere la rotta, la rotta non verrà neppure discussa tra i membri dell’equipaggio perché non vi è rotta in discussione, la rotta non c’è perché lì si devono solo imparare delle nozioni; e poi nessuno potenzialmente è scelto in base all’approdo da raggiungere e all’avventura per cui si ritrova lì. Il nocchiero non sa dove andare, non c’è la rotta, non c’è approdo. I marinai sono solo obbligati a dire ai mozzi qualcosa del come si naviga, in realtà cose secondarie, ma mai per dove. I marinai possono anche essere in totale disaccordo tra di loro, e pure con il capitano, che può solo intervenire quando la stanno per fare troppo grossa…

Fuor di metafora, una scuola in cui il dirigente non può scegliere il personale, che non può chiedere altro che insegnare espressioni, o poesie, o grammatica, o cos’altro; che non può proporre linee educative (non skills, linee educative!) da perseguire con un metodo condiviso da tutto il suo personale e di cui chiedere conto quando esse linee ed esso metodo non verranno correttamente applicati, è come una nave in cui capitano, nocchiero, timoniere e marinai non possono scegliere la rotta, e che non ha neppure l’approdo certo. Caro capitano, con o senza di te, la nave andrà. Cari mozzi, dove andrà la nave? Questo non si sa, come diceva una vecchia canzone di Sergio Endrigo.

Una scuola così non dovrebbe avere nessuna attrattiva per nessuno, eppure non ci sogniamo di metterla in discussione o di darci un’alternativa.

Una scuola in cui non si può dire cosa è bene e cosa è male, in cui non si può dire ai ragazzi: il cellulare a scuola non puoi portarlo, la vita non finisce nella playstation e il tuo unico obiettivo non può essere diventare calciatore di serie A o velina, oppure facciamo insieme un’esperienza di bene, non è una scuola. E’ qualcos’altro, ma non una scuola grazie alla quale anzitutto diventare uomini.

In tutto questo scenario, che vale per tutta la scuola, la scuola media è il buco nero dell’educazione in Italia. Proprio nel momento in cui i ragazzi ti chiedono: dimmi per cosa vale la pena vivere! dimmi che vale la pena vivere! noi ci trinceriamo dietro programmi, competenze, “il mio compito finisce qui”, e così via.

Quest’anno vorremmo cominciare la nuova avventura della scuola media… Ci sono dei coraggiosi avventurieri che vogliono salpare con noi? La rotta è certa e la meta è una vita bella, da veri uomini, da uomini vivi, e non certo da caporali, pallonari o veline… Ne vale la pena anche se la scuola non sarà sotto casa!!!”.

Dott. Marco Sermarini, direttore della Scuola parentale Chesterton di S. Benedetto del Tronto.